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venerdì 25 maggio 2012

L'omertà della Chiesa: che (s)clero!


«Nell'ordinamento italiano il vescovo, non rivestendo la qualifica di pubblico ufficiale, né di incaricato di pubblico servizio, non ha l'obbligo giuridico di denunciare all'autorità giudiziaria statuale le notizie che abbia ricevuto in merito ai fatti illeciti di pedofilia». A parlare è il segretario generale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana), monsignor Mariano Crociata. Quante volte ancora dobbiamo ascoltare queste dichiarazioni senza batter ciglio? Quante volte dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia? Perché solo in Italia si possono fare certe affermazioni, senza nemmeno provare un filo di vergogna?
Ogni giorno ci scandalizziamo nel vedere fatti di cronaca nera e scandali vari proiettati senza sosta sul piccolo schermo. Eppure la pedofilia scatena sempre grande indignazione nell'opinione pubblica. Ci vuole una correzione, non sempre. Mai quando questa è associata al clero. Almeno nella nostra penisola. Ma se la pedofilia è praticata in altre culture scatta automaticamente lo sdegno. Meglio proiettare sempre verso l'esterno la quantità di odio giornaliera. Quante volte abbiamo condannato i musulmani? Non tanto per la pratica della poligamia, quanto per la possibilità data agli anziani di sposare ragazzine in odore di pubertà.
Non è accettabile che l'ordinamento ecclesiastico – che non coincide con quello italiano e il monsignor Crociata se ne farà una ragione – possegga ancora tali privilegi. Non siamo più nel Medioevo e i risultati ottenuti con l'affermazione di uno Stato di diritto non possono essere appallottolati e gettati in un cestino. I preti non sono una "super casta" che può operare in totale libertà, non-curandosi delle leggi e dando punizioni personali ad hoc. Allora perché accettare la coesistenza dell'ordinamento italiano e di quello ecclesiastico, e non tollerare il sistema dei rom? Anche questa comunità pretende autonomia e l'adozione di regole proprie ma, che piaccia o no, per il principio della sovranità territoriale dello Stato non è possibile. Non si tratta di moralità, filosofia o demagogia. In questa sede non si vuole delegittimare la figura del prete ne promuovere una guerra contro la Chiesa. Ma la violenza sessuale ai bambini è uno schifo e non può passare inosservato. È necessaria una pena seria e concreta. Troppo facile confessarsi a un vescovo ed essere spediti tra i monti a espiare i propri peccati. Si presenterebbero così due reati: oltre alla pedofilia, il concorso di reato del vescovo. Invece no. Tutto rimane come prima. Passate due settimane chi si ricorda più del prete pedofilo? La memoria rimane solo nei bambini a cui è stata strappata l'infanzia, prima dai loro aguzzini poi da chi è interessato a stendere un velo di omertà sulla vicenda.
Una notizia ci "allieta". Nei primi giorni di febbraio 2012, papa Benedetto XVI condannò nuovamente la pedofilia nell'ambiente cattolico. Durante il suo "regno" avrebbe potuto cambiare l'ordinamento, obbligando i vescovi a denunciare alle autorità competenti questi casi, ma si è guardato bene dal farlo. Troppo spesso il sommo pontefice di Roma ha parlato irresponsabilmente. Ma basta guardare il Vaticano e conoscere il vero messaggio cristiano per comprendere l'unica grande verità: quanta ipocrisia.

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