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mercoledì 25 aprile 2012

Meeting dei movimenti dei giornalisti precari italiani: si può sopravvivere con tre euro ad articolo?

                       In diretta da Perugia

Il precariato investe l'ampia categoria, in termini numerici, dei giornalisti italiani freelance. La carta di Firenze (http://www.odg.it/files/carta%20di%20firenze_def_0.pdf) in tal senso dovrebbe rappresentare uno strumento di coordinamento per contrastare la miopia degli editori che tendono a tenere il giornalismo sotto una campana di vetro. Il 7 e l’8 ottobre 2011, a Firenze, l’Ordine dei giornalisti ha indetto la manifestazione "Giornalisti e giornalismi–Libera stampa liberi tutti" per ridare una nuova dignità alla professione, contro lo sfruttamento e per un’informazione di qualità come è stato annunciarlo da Enzo Iacopino, presidente dell'Ordine durante la presentazione del programma stesso. La Carta di Firenze non è però applicata concretamente. Da quando tale strumento deontologico esiste solamente tre casi si sono appoggiati alla Carta; questo rappresenta, quindi, un parziale fallimento. Occorre dare vigore, nuova linfa e pubblicizzare su larga scala la Carta di Firenze affinchè questa possa rappresentare realmente un mezzo di difesa e tutela per i precari. In ballo non c'è solo il futuro giornalistico delle nuove generazioni. Il problema è globale in quanto investe il mondo dei freelance nella sua totalità e complessità. Occorre superare gli ostacoli e le barriere mentali che associano il variegato movimento freelance ad un giornalismo di scarsa qualità. In quanto indipendente propone, infatti, un'informazione più libera e trasparente. Siamo giunti a un bivio: sottostare ai ricatti a cui l'ovattato mondo del giornalismo ci sottopone quotidianamente o dare nuova dignità all'informazione scardinando il sistema? Si può lavorare per tre euro ad articolo? Si può vivere, o meglio sopravvivere, con la sola professione giornalistica? E' giusto che le tasse pagate con la partita IVA siano maggiori delle reali entrate? Tanti gli interrogativi. Una sola la soluzione: il cambiamento.

1 commento:

  1. C'è stato un tempo in cui il giornalismo godeva di maggiore rispetto, su questo penso che non ci siano dubbi.
    Oggi credo che stia attraversando una fase nella quale operano due diverse linee di tendenza, per certi versi tra loro contrapposte:
    Da una parte tutti i fenomeni derivanti dalla crescente digitalizzazione dei materiali culturali aprono ad un aspirante giornalista strade impreviste e lo mettono di fronte ad un più ampio ventaglio di possibili percorsi professionali, magari anche molto stimolanti perché fortemente innovativi.
    Il rovescio della medaglia è caratterizzato dal fatto che proprio la "rivoluzione digitale" sia stata quella che ha iper-mediatizzato la circolazione stessa delle informazioni, facilitando così una sorta di "inflazione" della figura del giornalista professionista, soprattutto dal punto di vista della sua percezione in seno alla società, che ne ha ingiustamente svalutato parti importanti del suo significato e della sua missione.
    Credo che nel prossimo futuro sarà solo una giusta e attenta valutazione delle reali spinte che muovono queste due tendenze a restituire valore alla professione giornalistica.
    Ormai giustifichiamo tutto con la crisi economica, ma il più delle volte questa diventa una vera e propria tecnica di nascondimento semantico, la scusa sempre valida per non aver avuto la pazienza e l'intelligenza di capire le reali cause dei fenomeni.

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